Orologi: alcune curiosità che non conosce nessuno!

Siamo abituati a pensare agli orologi come a degli oggetti divertenti (chi non ricorda gli Swatch degli anni 90′!) o, ovviamente, oggetti di lusso che diventano status symbol e sfiorano costi spesso inimmaginabili.

Tanto da dimenticare, a volte, la reale funzione di un orologio: segnare il tempo! Dando per assodata l’alta ingegneria che vi sta dietro, ci sono diverse storie divertenti che accompagnano gli orologi e vogliamo raccontarvi proprio qualche particolarità!

Gli orologi coni numeri romani

Se ci fate caso, spesso il numero che indica le ore 4 è rappresentato dal segno IIII e non IV. La prima forma è quella originale romana ed è, spesso, preferita per pura simmetria grafica nel quadrante oppure per economicità nell’uso dei materiali (specialmente il bronzo dei quadranti più datati).

Scrivendo IIII si hanno 28 caratteri, ma meno colate (quattro: in uno stampo con una “X”, una “V” e cinque “I” si ottengono tutte le cifre necessarie senza sprechi). Viceversa, la formula IV prevede meno caratteri, vero, ma più colate.

C’è anche un motivo storico, in realtà: agli albori dell’uso della meridiana, IIII era di più facile lettura per le persone meno istruite, rimanendo nella quotidianità e nella cultura delle case costruttrici.

I dodici settori

La suddivisione in 12 settori diviene un vero standard a partire dalla Rivoluzione francese e successive guerre napoleoniche. Fino a quel momento, si soleva ripartire il quadrante anche in 6 o 24. La Rivoluzione tenta di introdurre anche una suddivisione in 10 ore, portando alla realizzazione di appositi orologi decimali.

Via dell’Oriuolo

A Firenze, nel 1353, si costruisce il primo orologio a ruote della città che era destinato alla torre del Palazzo della Signoria. La via della casa in cui il marchingegno viene realizzato, prenderà il nome proprio dallo stesso e diverrà Via dell’Oriuolo.

Le 10:10

Probabilmente vi farà venire in mente la posizione delle mani sul volante, ma no: è le posizione delle lancette sugli orologi che appaiono in pubblicità, quasi a formare una “V”, per mostrare il marchio del costruttore, quasi incorniciandolo e dando un aspetto “sorridente” e subliminale al quadrante.

Svizzero? No… economico!

Al giorno d’oggi, abbiamo ben impresso nella mente il binomio “orologio svizzero – qualità”. Un tempo, invece, era l’altenativa “entry level” ai più blasonati prodotti inglesi o francesi, il monopolio – fino al XIX secolo – dell’industria, della tecnologia e dell’arte orologiera.

Monopolio che è stata la loro rovina: un prodotto troppo costoso è un prodotto inaccessibile e gli acquirenti, alla fine, virano sui falsi o su altri marchi per il benestare dei costruttori elvetici! Che, inizialmente, sono contadini costretti a stare in casa durante i rigidi inverni. Se, i primi orologi, sono scadenti… via via diventano competitivi, proprio basandosi sui modelli consolidati dell’orologeria francese e britannica. La rivoluzione industriale aveva distrutto l’orologeria in questi stati, innalzando il costo della manodopera, e gli svizzeri son stati bravi ad approfittarne.

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